SINISTRA BUONISMO A COMANDO, CHI SI E CHI NO, MA SI SA CHE IL BUSINESS FA LA DIFFERENZA.
Ai profughi, Rom, Extracomunitari, c'è l'accoglienza con lusso, hotel, soldi, sanità, Mentre per i 350 mila Italiani che nel 1947 hanno dovuto lasciare le loro case nelle provincie di POLA, FIUME,ZARA, E PARTE DI QUELLE DI TRIESTE E GORIZIA dopo il passaggio di quest'ultime sotto il potere del dittatore Josip Broz Tito dell'ex Jugoslavia, autore sanguinario delle foibe. Solo insulti, sputi, e sassi questa e' la sinistra italiana questi sono i partigiani che oggi parlano di accoglienza dei profughi.
Parliamo spesso di partigiani eroi, ma nessuno mai ha il coraggio di dire la verità che molti partigiani che oggi sono illustri uomini hanno fatto atti di violenza, di crudeltà e di uccisioni solo perché chi avevano avanti a loro era un iscritto del partito fascista, o aveva idee diverse dalle loro. L'Idiozia più grande, l'ipocrisia enorme è venuta dai sinistroidi della città di Bologna quando hanno avuto la brillante idea di Inaugurare con una targa posta nella stazione dove il treno si fermo' e dove sopra vi erano i profughi della Venezia Giulia Dalmazia, tutto accadde in una domenica di febbraio del 1947 dove il treno con i profughi scappati dalla dittatura del sanguinario Tito fece tappa a Bologna. In quella giornata l'accoglienza fu di una crudeltà assoluta i profughi furono assaliti dagli operai delle ferrovie che sventolavano bandiere rosse con falce e martello, i quali hanno iniziato a sputare addosso e a tirare sassi verso il treno dove c'erano anche bambini piccoli che aspettavano che il treno si fermava per avere l'aiuto e per avere il latte dalle associazioni benefiche ma non fu possibile . Ora io come dovrei chiamare questi signori compagni , sinistroidi radical chic non so come definirli alcuni sono diventati anche personaggi illustri di Bologna.Io penso se questo atto lo faceva uno di destra veniva etichettato razzista, lo fanno quelli di sinistra va tutto bene è tutto lecito. Ora pero la vergogna enorme è stata fatta a Bologna quando c'e' stata la presa in giro della targa in memoria di quell' accaduto , in quel momento si e' offeso la dignità di quelle persone già distrutte e offese all'epoca e ora per la seconda volta vedono la loro dignità calpestata e offesa da personaggi che si credono buonisti ma che invece sono solo ipocriti, perché forse tra i personaggi che erano li c'erano anche quelli che all'epoca avevano insultato e offeso i loro stessi connazionali e sveltolavano le bandiere rosse e gridavani fascisti carnefici a donne e bambini . L' offesa è enorme perché se si va a leggere quello che e' scritto su quella targa ti viene il vomito per l'ipocrisia che hanno scritto questo e' il testo completo della targa che si trova nella stazione di Bologna ( La città di Bologna "Nel corso del 1947 da questa stazione passarono i convogli che portavano in Italia esuli istriani, fiumani e dalmati: italiani costretti ad abbandonare i loro luoghi dalla violenza del regime nazional-comunista jugoslavo e a pagare, vittime innocenti, il peso e la conseguenza della guerra d'aggressione intrapresa dal fascismo. Bologna seppe passare rapidamente da un atteggiamento d'iniziale incomprensione a un'accoglienza che è nelle sue tradizioni, molti di quegli esuli facendo suoi cittadini): Questo scritto è un insulto alla verità. I treni coi profughi a Bologna non poterono neppure fermarsi. Nemmeno un secondo. In stazione c' erano i ferrovieri del Pci che gridavano "sporchi fascisti" ai bambini e alle donne sui treni. Minacciarono di fare lo sciopero generale. Arrivarono fino a rovesciare sui binari anche il latte che era stato preparato per i bambini, buttarono le altre vettovaglie nella spazzatura. Ci sono ancora testimoni che ricordano le urla e le bestemmie di quei ferrovieri e gli sputi sui finestrini. Questa sarebbe l'iniziale incomprensione"? Vergognatevi Istituzioni Bolognesi siete soli degli ipocriti buoni solo a far fessi la gente di buon cuore che crede nell'accoglienza vera ma che di queste storie non le conosce. All'epoca il PCI diffondeva la notizia che gli esuli erano in realtà fascisti e collaborazionisti espulsi dal "paradiso dei lavoratori socialisti".
Era una menzogna e chi la diffondeva ne era cosciente, ma negli anni della Guerra Fredda prevaleva la solidarietà di partito. Anche i giornali di partito facevano la loro parte tra cui l'Unità e il giornalista Tommaso Giglio, il quale con il suo spirito di servilismo per la causa del partito il quale era iscritto, nei suoi articoli scriveva ipocrisie e falsità, un esempio su tutti quello che scrisse sulla città di Pola nel 1947 dove dichiarava che la città era stata abbandonata perché il regima fascista aveva chiuso le fabbriche, e licenziati tutti gli operai, e che molti cercavano di venire in Italia per essere aiutati , e no perché avevano paura che il dittatore rosso Tito voleva uccidere tutti quelli che erano di nazionalita' italiana per una pulizia etnica. Invece per il giornalista che scriveva doveva far passare il suo partito e tutta la sinistra come buonista scriveva nel suo articolo che Tito non aveva fatto nessuna pulizia etnica, e che i profughi che erano arrivati in Italia su quel treno erano 750 e no migliaia come dicevano le fonti di destra.Pensare che questo giornalista Tommaso Giglio è poi diventato direttore della rivista L'Espresso, ma nel 1947 ha scritto l'articolo intitolato "Chissà dove finirà il treno dei fascisti?" questo e' l'opinione della verita' che un gironalista deve dare , scrivere la verita' ma si sa che chi e' un servo dei poteri forti per far carriera si vende anche l'anima al diavolo. Altra grande ipocrisia dei nostri politici è stata quando nell'ottobre 1969 Giuseppe Saragat, quinto presidente della Repubblica Italiana, partì alla volta di Belgrado, per un incontro bilaterale volto a sviluppare e rafforzare i rapporti con la Jugoslavia, portò al dittatore Josip Broz Tito un dono di pregevole fattura: l'onorificenza di «Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana» con l'aggiunta del Gran cordone, il più alto riconoscimento previsto, destinato a ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, dell'economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte per fini sociali, filantropici e umanitari oltre il danno anche la beffa. Erano altri tempi quelli. L'Italia che si apprestava a entrare negli anni di piombo, infatti, non aveva ancora scoperto le terribili sofferenze patite dagli Italiani dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia per mano di Tito e dei suoi uomini, non aveva ancora preso coscienza delle migliaia di persone inghiottite dalla follia di quel regime sanguinario, che mirava solo ed esclusivamente all'eliminazione fisica dei nostri connazionali, non aveva ancora smesso di considerare tabù un argomento così scomodo e delicato, che avrebbe rischiato di mettere in cattiva luce le decennali battaglie e le fallaci ideologie dei comunisti italiani. Nessuno ha mai preso in seria considerazione la denuncia di revoca dell'onorificenza, restituendo così la dignità a quei morti dimenticati per tanti, troppi anni. La legge su questo parla chiaro: «Incorre nella perdita dell'onorificenza l'insignito che se ne renda indegno».
Quando nel febbraio 2011 l'Unione degli Istriani denunciò pubblicamente la presenza del maresciallo Tito tra i cavalieri di Gran Croce della Repubblica, nessuno si indignò. «Chiedo al presidente della Repubblica di voler procedere all'annullamento immediato della benemerenza», scrisse a Napolitano il presidente dell'associazione, Massimiliano Lacota. «E' semplicemente orribile e disgustoso che lo Stato italiano riconosca il dramma delle Foibe e allo stesso tempo annoveri tra i suoi più illustri insigniti proprio chi ordinò i massacri e la pulizia etnica degli Italiani d'Istria, ovvero il dittatore comunista Tito».
Quello sfogo non sortì alcun effetto. La grande stampa, la politica moraleggiante e Napolitano quasi si nascosero, ignorando l'appello di chi, ancora ferito, si sentiva umiliato dalla permanenza del proprio carnefice nell'elenco più importante dei benemeriti della Repubblica. Fa rabbia pensarlo. Io spero che «Mattarella revochi l'onorificenza al sanguinario maresciallo Tito» ma sarà dura si sa che tra sinistroidi è difficile farsi le scarpe anche se sei un dittatore sanguinario.